Secondo Max Weber la disuguaglianza sociale si basa su tre elementi: ricchezza, prestigio, potere. Secondo la definizione di Wikipedia la disuguaglianza sociale è “una differenza (nei privilegi, nelle risorse e nei compensi) considerata da un gruppo sociale come ingiusta e pregiudizievole per le potenzialità degli individui della collettività. È una differenza oggettivamente misurabile e soggettivamente percepita”.
Nel 1947 con la creazione del GATT e soprattutto nel 1995 con la creazione dell’OMC la creazione di un ambito globale per il commercio aveva nelle intenzioni di base non solo un incremento degli scambi, ma anche l’allargamento degli ideali occidentali di libertà e uguaglianza dei diritti umani e sociali.
La crisi globale del 2008 partita negli Stati Uniti con le note vicende dei mutui subprime e che ha visto un susseguirsi di eventi di portata storica (la crisi del debito sovrano, il ”whatever it takes” di Mario Draghi ecc..) hanno avuto come diretta conseguenza un aumento sempre più marcato della forbice tra l’1% più ricco e il resto della popolazione mondiale.
Anche se questa tendenza appare in diminuzione nella differenza dei salari tra i vari Stati, con il coefficiente di Gini globale che è diminuito molto negli ultimi 20 anni (Lakner e Milanovic 2013), soprattutto per la contrazione dei redditi dei paesi più ricchi, appare comunque in allarmante aumento dai livelli post seconda guerra mondiale tra i paesi OCSE.
La recente pandemia ha aggravato ulteriormente questa tendenza, in Italia secondo il rapporto “DIsuguitalia 2021” di Oxfam “in seguito al primo lockdown metà delle famiglie italiane dichiarava di aver subito una contrazione del proprio reddito ed il 15% di aver visto dimezzarsi le proprie entrate, con solo il 20% dei lavoratori autonomi che non aveva subito contraccolpi. A fine estate nel 20% delle famiglie con figli minori di 14 anni uno o tutti e due i genitori avevano ridotto l’orario lavorativo o rinunciato al lavoro per accudirli. Mentre il 30% dichiarava di non disporre di risorse sufficienti per far fronte a spese essenziali nemmeno per un mese, in assenza di altre entrate. Per qualcuno la crisi non è mai arrivata: dall’inizio della pandemia la ricchezza di 36 miliardari della Lista Forbes è aumentata di oltre 45,7 miliardi di euro, pari a 7.500 euro per ognuno dei 6 milioni più poveri dei nostri connazionali.”
Le cure per la crisi stanno palesando tutti i loro limiti, tutta la liquidità immessa nel sistema dalle Banche Centrali hanno aumentato in maniera spropositata i valori azionari spostando tutti i capitali verso quegli asset per la mancanza di remunerazione degli strumenti di debito come i Titoli di Stato e le obbligazioni societarie, portando grandi valori agli azionisti, ma aumentando ancor di più la sperequazione sociale.
L’ingresso sullo scenario internazionale delle aziende globali (Amazon, Apple, Walmat, ecc) completa il quadro, creando attori che si posizionano al di sopra delle legislazioni, anche fiscali, dei singoli Stati.
Ma perché ne stiamo parlando? Per una semplice disanima economica o statistica? NO, questa deve essere la vera sfida della politica globale per i prossimi anni. Esistono studi che indagano le relazioni tra l’aumento dell’ineguaglianza e l’insorgere di shock o crisi economiche (Bordo e Meissner, 2012), ma la realtà è che la disuguaglianza viola il patto sociale su cui si basa tutto il sistema occidentale, con un sistema che non appare più in grado di garantire il trasferimento necessario di risorse tra le fasce più ricche della popolazione e le meno abbienti per il mantenimento dei livelli minimi di sussistenza per questi ultimi. Ma soprattutto ampliandosi in questo modo la sperequazione viene meno la possibilità per le fasce meno abbienti di emergere, di avere un vero riscatto sociale vedendo premiati i loro sforzi. Questo porta anche ad una crisi nella qualità delle elite, siano esse economiche o politiche, soprattutto in Italia, dove il mantenimento di posizioni privilegiate ha portato alla totale perdita di competitività nel panorama globale.
Ma che cosa è appunto il Patto sociale? L’accumulo della ricchezza da parte dei più ricchi, che avviene soprattutto grazie al lavoro dei molti, è giustificato solo se le condizioni per tutti sono dignitose, se c’è la possibilità di un vero riscatto sociale, se esistono le condizioni che il lavoro sia correttamente retribuito e soddisfacente, che ci sia un uguale accesso agli studi. Capisco, questi temi appaiono utopistici, ma certamente è quello a cui una società libera e che si basa su diritti universali deve tendere. La crisi dello Stato Sociale, figlia soprattutto di episodi corruttivi e dell’imposizione di interessi di parte, palesato ancor di più dalla situazione pandemica, ha raggiunto livelli inaccettabili, non riuscendo più a garantire la salute e il benessere, anche economico, dei cittadini, con differenze evidenti tra Stati, anche tra quelli occidentali. Appare sempre più urgente per il mondo del lavoro un sistema di retribuzione nuovo e più equo, con una compartecipazione dei lavoratori agli utili aziendali (con premi in equity?), perseguendo inoltre una responsabilizzazione e una partecipazione più attiva di questi alle policy industriali.
Vanno ricercati rimedi, anche in maniera urgente.
L’ONU lo ha posto tra i suoi obiettivi prioritari, molti Stati si stanno muovendo per sistemi di tassazione globale, ma l’obiettivo appare ancora molto lontano.
Non è solo interesse dei paesi più poveri e delle fasce più povere della popolazione, ma di tutti. La violazione del patto sociale non può portare altro che scontri sociali sempre più forti, l’emergere di sentimenti nazionalistici (sovranisti???) o ancor peggio…..non è stata forse la crisi sociale la principale causa della nascita dei fascismi e della seconda guerra mondiale?
Solo con la pace e la solidarietà sociale possiamo dirci liberi e giusti e far si che tutti, ricchi e poveri, possano raggiungere le proprie giuste aspirazioni, anche economiche.
Matteo Moggia